Il PNRR e la Missione Salute
Il PNRR e la Missione Salute. Negli ultimi mesi abbiamo sentito più volte citare la sigla PNRR, che significa Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Abbiamo cercato qualche informazione in più e approfondito gli aspetti inerenti la salute, insieme alla Prof.ssa Alessandra Servidori.
PNRR: Missione Salute
Come indica l’Agenzia per la Coesione Territoriale, il PNRR è lo strumento che traccia gli obiettivi, le riforme e gli investimenti che l’Italia intende realizzare grazie all’utilizzo dei fondi europei Next Generation EU, per attenuare l’impatto economico e sociale della pandemia da Coronavirus e rendere l’Italia un Paese più equo, verde e inclusivo, con un’economia più competitiva, dinamica e innovativa. Il Piano si articola in 6 Missioni, che rappresentano le aree tematiche strutturali di intervento. Una di queste è la Missione Salute, per la quale sono stati stanziati complessivamente oltre 19 miliardi.
Le Case della Comunità
Sulla salute delle donne, per quanto riguarda il Progetto Casa della Comunità e presa in carico delle persone, il PNRR comporta che le Regioni effettuino una ricognizione delle analoghe strutture esistenti sul territorio. Inoltre, precisa che le Case della Comunità rappresentano l’evoluzione delle Case della Salute, laddove presenti. Dal punto di vista dell’articolazione territoriale, prevede che si faccia riferimento al distretto socio-sanitario o sanitario (con una popolazione pari a circa 100 mila abitanti), e non al criterio legato rigidamente al numero di abitanti. Questo, infatti, finirebbe per penalizzare determinati territori (ad esempio territori montani o aree interne o a bassa densità abitativa) dove i punti maternità hanno cominciato a scarseggiare. Presso ogni Casa della Comunità dovrà essere assicurata la presenza di determinati servizi, quali i servizi per la promozione e la prevenzione, il sistema delle cure primarie, il servizio sociale, alcune attività diagnostiche e ambulatoriali, nonché presìdi sanitari. Il progetto, anche attraverso il modello del budget di salute, valorizza le reti sociali come componente sistemica dei servizi alla salute, per generare un welfare di comunità fondamentale per tutte le patologie importanti.
La medicina territoriale e i team multidisciplinari
Nell’ambito della medicina territoriale, è fondamentale ripensare il ruolo dei medici di medicina generale, anche attraverso il loro percorso formativo, insieme a quello dei pediatri di libera scelta, dei ginecologi e geriatri. Avviando un percorso di lavoro interprofessionale, partendo dal principio della plurifattorialità della salute e, quindi, della necessaria multidisciplinarietà nell’azione quotidiana. Ciò significa favorire la medicina di iniziativa e l’offerta di servizi diagnostici in sede o a domicilio, il lavoro in team multidisciplinari – come nei modelli delle UCCP le AFT – con l’apporto di competenze specialistiche, anche con strumenti di teleassistenza.
La Casa della Salute, quindi, come primo luogo di cura. Inoltre, si precisa che il rafforzamento dell’assistenza domiciliare (ADI) si realizza anche attraverso le prestazioni professionali del personale sanitario e socio-sanitario nei confronti dei pazienti. Questo, oltre che mediante il potenziamento dei supporti tecnologici e digitali. In tal senso, si valuta prioritaria la promozione del coordinamento e l’unificazione delle prestazioni e dell’erogazione dei presìdi e di standard operativi per tutto il territorio nazionale.
Il Care Multidimensionale
Inoltre, si rileva come l’ADI fornisca in prevalenza prestazioni medico-infermieristiche per rispondere a singole patologie senza tuttavia prevedere un progetto per il futuro dell’assistenza alle persone non autosufficienti, anziane e non. Al riguardo, si rileva la necessità di una riforma che assuma il paradigma proprio della non autosufficienza. Si tratta del «care multidimensionale», definito sulla base di criteri nazionali e rispettoso dell’autonomia degli enti locali. Occorre integrare gli interventi di natura sanitaria e assistenziale, riconoscendo l’esigenza delle reti informali di supporto e prevedendo azioni di affiancamento e sostegno dedicate a caregivers familiari e badanti.
Per raggiungere tali obiettivi in maniera omogenea sul territorio nazionale, si reputa necessario:
- Un intervento che garantisca la disponibilità di personale. In special modo, nelle regioni sottoposte a piani di rientro e progettualità specifiche dedicate al potenziamento dell’ADI per persone con bisogni di salute complessi. Ad esempio, quelli legati a malattie rare o patologie croniche gravi;
- Dare piena applicazione alla legge n. 38 del 2010 sulle cure palliative e la terapia del dolore;
- Bisogna specificare, nella parte relativa alla riforma degli IRCCS, che occorre riequilibrarne la distribuzione geografica nel Paese e favorire l’istituzione di un numero maggiore di IRCCS con personalità giuridica di diritto pubblico;
- Rafforzare il sistema di prevenzione, con un focus specifico sulla prevenzione secondaria e terziaria. Con particolare riferimento alla prevenzione secondaria, rafforzare lo screening neonatale esteso (SNE).
Gli interventi prioritari
Nell’ambito delle riforme da realizzare in relazione al progetto «Servizi socio assistenziali, disabilità e marginalità» – interventi prioritari:
- Riformare e semplificare il sistema di valutazione della condizione di disabilità, incentrandola sulla persona e sull’interazione con fattori ambientali e sociali;
- Recepire la Direttiva UE 2019/88 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 (Accessibility Act) sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi;
- Intraprendere un percorso verso il codice unico della disabilità, dando priorità alle cinque linee d’azione individuate dall’Osservatorio per le persone con disabilità;
- Definire i livelli essenziali delle prestazioni sociali;
- Realizzare una riforma volta a promuovere l’adozione di una misura universale a sostegno delle persone con disabilità non autosufficienti;
- Prevedere, nell’intervento relativo ai servizi sociali dedicati alle persone con disabilità, la definizione dei progetti personalizzati, l’integrazione con quanto previsto dalla legge n. 112 del 2016 sul Dopo di noi;
- Sollecitare la rapida adozione da parte di tutti i Comuni italiani, secondo criteri omogenei su tutto il territorio nazionale, dei Piani di eliminazione delle barriere architettoniche di cui all’articolo 32, comma 21, della legge n. 41 del 1986;
- Implementare, nell’ambito delle politiche a sostegno della famiglia, la rete dei Consultori familiari per rafforzare l’assistenza, anche psicologica, così come prevista nei LEA, la tutela e diritti della donna, la tutela della salute riproduttiva e sessuale, il sostegno della procreazione libera e consapevole nonché l’educazione alla genitorialità responsabile, avendo riguardo anche alle esigenze specifiche delle donne con disabilità.