Smart Working e lavoratori fragili

Abbiamo visto in un articolo precedente che il 13 settembre scorso è stata approvata la proroga al 31 dicembre 2022 del dritto allo smart working per lavoratori fragili e genitori con figli di età inferiore ai 14 anni.

Per i lavoratori fragili, lo smart working potrebbe diventare una soluzione permanente?  Ne abbiamo parlato con la Prof.ssa Alessandra Servidori.

Chi convive con malattie invisibili lo sa: il lavoro sottolinea anche le disparità tra le persone sane e quelle meno sane. Come fare per ridurre il gap e permettere a tutti di esprimere il proprio potenziale, anche in termini produttivi?

I lavoratori fragili in smart working in questi ultimi due anni hanno dimostrato che mantenere alto il livello, anche lavorando da casa, si può. Soffrire di dolore cronico o di una delle tantissime malattie invisibili tuttora non riconosciute in Italia può essere considerata una discriminante per la produttività di un essere umano? Indubbiamente, per alcune professionalità lo è.

Lavoro e malattie croniche

Lavoro e malattie croniche non vanno a braccetto per numerosi motivi tra cui: la necessità di seguire terapie che impediscono di guidare e quindi recarsi al lavoro in maniera autonoma; il bisogno di ritmi lavorativi ben diversi da quelli di chi è in perfetta salute; la difficoltà a mantenere determinate posizioni o svolgere compiti fisicamente stressanti; i problemi a livello cognitivo come la fibro-fog, la mancanza di concentrazione e la perdita di memoria; gli innumerevoli disturbi fisici e psicologici che possono inficiare la convivenza in ufficio con il resto del team.

Per i lavoratori fragili lo smart working non è solo una soluzione temporanea, che ha reso più gestibile la situazione pandemica. È la rivoluzione definitiva, quella che permette (ci permette) di vivere una vita lavorativa soddisfacente, piena, dignitosa. Lavorare da casa (o da qualsiasi altro posto scelto dalle persone con malattie invisibili) permette di gestire in maniera intelligente i ritmi di stress e di riposo, le pause, le postazioni di lavoro, gli orari.

La differenza tra telelavoro e smart working

La differenza tra  telelavoro e smart working è dettata dal concetto che sta alla base. Il telelavoro è un semplice trasferimento telematico del lavoro svolto in sede. Lo smart working, invece, prevede una flessibilità mentale e un adattamento dello sforzo dello staff; non più rivolto a raggiungere una quantità precise di ore ma una serie di obiettivi, il team lavora in maniera autonoma con notevole aumento della produttività. È la chiave per dare ai lavoratori fragili in smart working un modo nuovo per mettere a frutto le proprie competenze e la propria professionalità.

Lavorare per obiettivi vuol dire non avere un orario fisso da rispettare né una sede fisica da raggiungere. Il che permette a lavoratori e lavoratrici con malattie croniche di gestire in autonomia il proprio tempo e il proprio spazio, senza le complesse sfide che affronterebbero in ufficio.

Le categorie di lavoratori fragili

Le categorie di lavoratori fragili che possono ancora usufruire delle tutele previste per questa categoria di lavoratori, anche dopo la fine dello stato di emergenza, sono quelle indicate dal Ministero della Salute nel Decreto ministeriale del 4 febbraio 2022.

Questo stabilisce che devono essere considerati lavoratori fragili – indipendentemente dallo stato vaccinale i pazienti con una marcata compromissione della risposta immunitaria, a causa di:

  • trapianto di organo solido in terapia immunosoppressiva; trapianto di cellule staminali ematopoietiche (entro due anni dal trapianto o in terapia immunosoppressiva per malattia del trapianto contro l’ospite cronica); attesa di trapianto d’organo; terapie a base di cellule T esprimenti un Recettore Chimerico Antigenico (cellule CAR-T);
  • patologia oncologica o onco-ematologica in trattamento con farmaci immunosoppressivi, mielosoppressivi o a meno di sei mesi dalla sospensione delle cure;
  • immunodeficienze primitive (come per esempio sindrome di DiGeorge, sindrome di Wiskott-Aldrich, immunodeficienza comune variabile etc.); immunodeficienze secondarie a trattamento farmacologico (per esempio terapia corticosteroidea ad alto dosaggio protratta nel tempo, farmaci immunosoppressori, farmaci biologici con rilevante  impatto sulla funzionalità del sistema immunitario); dialisi e insufficienza renale cronica grave; pregressa splenectomia;
  • sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) con conta dei linfociti T CD4+ < 200cellule/µl o sulla base di giudizio clinico oppure, pazienti che presentino tre o più di queste condizioni patologiche: cardiopatia ischemica, fibrillazione atriale,  scompenso cardiaco, ictus,  diabete mellito, bronco-pneumopatia ostruttiva cronica, epatite cronica,  obesità.
  • In caso di contemporanea presenza di esenzione alla vaccinazione per motivi sanitari e almeno una delle seguenti condizioni: età maggiore di 60 anni; condizioni di cui all’allegato 2 della circolare della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute n. 45886 dell’8 ottobre 2021.

Lo stesso Ministero segnala che l’esistenza di queste patologie deve essere certificata dal  medico di medicina generale del lavoratore.

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