Counseling e gravidanza: il punto di vista del dermatologo

Lo Speciale “Counseling e gravidanza nelle pazienti con patologie autoimmuni” prosegue con il punto di vista del dermatologo, insieme alla Prof.ssa Clara De Simone, U.O.C. di Dermatologia, Policlinico “A. Gemelli” IRCCS, Università Cattolica del Sacro Cuore Roma, coordinatrice “Task Force Psoriasi nella donna in età fertile” della SIDeMaST, Società Italiana di Dermatologia.

L’importanza della collaborazione tra specialisti

Sicuramente la collaborazione tra ginecologo e dermatologo è estremamente importante quando una paziente affetta da una patologia autoimmune dermatologica esprime il desiderio di maternità. È altrettanto importante quando una paziente con una malattia attiva accerta uno stato di gravidanza e quindi ci troviamo in quella percentuale ancora importante di pazienti in cui la gravidanza non è programmata. La collaborazione è ugualmente importante quando la malattia autoimmune dermatologica fa il suo esordio in corso di gravidanza. Quindi, ci sono diverse condizioni in cui la collaborazione tra gli specialisti è fondamentale per il benessere della paziente e l’andamento della gravidanza.

Gravidanza e remissione

Indubbiamente, la condizione ideale è quella della paziente che pianifica la sua gravidanza in una fase in cui la malattia è in remissione o in una fase in cui almeno è di attività minima. Attualmente abbiamo una serie di farmaci che non hanno effetto teratogeno, che hanno la possibilità di controllare la severità di una malattia cutanea come, ad esempio, la psoriasi, che si può associare ad uno stato di infiammazione a comorbidità che possono mettere a rischio il buon esito della gravidanza.

Bisogna tener presente, comunque, che la gravidanza è anche una situazione molto particolare della vita di una donna. Infatti, si verificano delle modificazioni del sistema immunitario che sono sostanzialmente volte a evitare il rigetto del feto, che è antigenicamente diverso dalla mamma e che verrebbe riconosciuto come estraneo dal sistema immunitario materno. Tutto ciò può comportare anche delle modifiche nel decorso delle malattie autoimmuni. Sempre facendo il caso della psoriasi, oltre la metà delle pazienti che ne sono affette tende a migliorare in gravidanza. Tuttavia, accanto a queste, ci sono percentuali consistenti di pazienti che tendono a peggiorare, e ci sono anche quei casi in cui la malattia esordisce in gravidanza.

E questo appunto sottolinea l’importanza della collaborazione tra specialisti.

Quale può essere l’effetto della malattia sulla gravidanza?

Probabilmente dipende dalla severità di malattia perché i dati che abbiamo a disposizione sono pochi ma sembra che le pazienti affette da psoriasi, soprattutto la malattia è in forma severa, possano avere degli outcome di gravidanza negativi come un basso peso alla nascita o un parto pretermine.

E allora, che cosa fare?

Una volta il trattamento delle patologie dermatologiche in gravidanza era considerato tabù. La malattia cutanea non veniva trattata né dal punto di vista sistemico né dal punto di vista locale ed erano restii al trattamento non sono le pazienti, ma anche i dermatologi.

Ora, invece, abbiamo acquisito la consapevolezza della possibilità del rischio che la malattia cutanea può rappresentare per concepimento e gravidanza. Contemporaneamente, abbiamo dei farmaci che ci consentono di spegnere lo stato di infiammazione legato alla malattia, alle sue comorbidità. Quindi, siamo in grado di determinare delle condizioni ideali, biologiche ma anche psicologiche, per il buon esito della gravidanza e, prima ancora, del concepimento.

Obiettivo: la gestione della terapia in gravidanza

Il ginecologo che gestisce una paziente affetta da malattia infiammatoria cutanea in fase di attività deve far riferimento al dermatologo, deve incoraggiare la paziente sull’opportunità del consiglio con il dermatologo. Inoltre, deve rassicurarla rispetto alle opportunità o anche alla necessità di un trattamento che sia in grado di ricondurre alla norma l’infiammazione che caratterizza la malattia cutanea e che rappresenta un rischio per la gravidanza stessa. Ovviamente, diciamo, lo stesso dovrà essere nel momento in cui la malattia cutanea esordisce in gravidanza.

Quindi è estremamente importante il colloquio tra i due specialisti per poter individuare la terapia o comunque la gestione ideale della paziente in corso di gravidanza.

Cosa si fa attualmente?

Probabilmente per la dermatologia si fa ancora un po’ troppo poco in termini di collaborazione tra specialisti perché da molti, ancora, molte malattie autoimmuni della pelle vengono percepite come delle malattie esclusivamente cutanee. Però molto si sta facendo per modificare questo paradigma da parte delle società scientifiche, da parte delle associazioni dei pazienti. Molti sono gli sforzi in atto per favorire il counseling e la collaborazione tra specialisti. Molto fanno anche i singoli ricercatori che afferiscono a queste diverse discipline, tramite studi spontanei che alla fine servono proprio per implementare la consapevolezza della necessità di una collaborazione, la consapevolezza della possibilità di poter affrontare insieme e risolvere i problemi.

Quindi, sostanzialmente diciamo la prospettiva di una collaborazione più attiva futura incoraggiante

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