Donne e rischio cardiovascolare: fattori di rischio psicosociali

Con la Dottoressa Patrizia Amato, reumatologa, responsabile del Laboratorio di Medicina di Genere Distretto 60 di Nocera Inferiore (SA) e coordinatrice del Gruppo Medicina di Genere del CReI, Collegio dei Reumatologi Italiani.

I Fattori di rischio psicosociali sono ancora oggi sottostimati nelle donne. In particolare, vanno menzionate la depressione e l’ansia, entrambe associate ad un aumento del rischio di morbilità e mortalità per malattie cardiovascolari. La depressione è stata anche costantemente associata a esiti peggiori dopo infarto miocardico acuto e, nonostante ciò, riceve sempre poca attenzione nella pratica clinica di routine. È stato riscontrato che solo il 3% dei cardiologi, in caso di infarto, effettua screening per la depressione e, al contrario, alle donne che presentano dolore toracico viene spesso diagnosticata erroneamente l’ansia.

Svantaggi psicosociali

Gli svantaggi psicosociali (ad esempio, disoccupazione, stress cronico, supporto sociale insufficiente, lutto o vedovanza) in ambito familiare sono più vissuti dalle donne. Questo contribuisce ad aumentare la depressione e l’ansia. In questi casi affrontare la depressione e l’ansia con gli psichiatri o psicologi può avere un effetto importante sia dal punto di vista preventivo che clinico, soprattutto dopo un evento acuto.

Abusi e violenze

Gli abusi e violenze da parte del partner colpiscono il 15-71% delle donne nel corso della loro vita. Le analisi suggeriscono che la violenza del partner è associata a una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari. Il principale effetto diretto dell’abuso è lo stress cronico, che persiste anche dopo la cessazione dell’abuso e che, insieme alla depressione, è un noto fattore di rischio per le malattie cardiovascolari. Gli effetti indiretti della violenza da parte del partner includono quelli sulla salute mentale, la modificazione dei comportamenti sanitari, o entrambi. Molto spesso, infatti, le donne che subiscono abuso sono accanite fumatrici, bevono in modo eccessivo e non cercano cure mediche di routine.
I dati sulla vittimizzazione culturale delle donne in diverse parti del mondo sono carenti e la sua prevalenza e gli effetti sulle malattie cardiovascolari rimangono incerte.

Alfabetizzazione sanitaria

Anche l’alfabetizzazione sanitaria inadeguata è associata ad un aumento 2-4 volte più elevato di eventi avversi, eventi cardiaci, indipendentemente dal rischio di malattie cardiovascolari. L’alfabetizzazione sanitaria è un parametro che serve a misurare la motivazione e la capacità di un individuo di accedere, comprendere e utilizzare le informazioni che riguardano, promuovono e mantengono la buona salute. In Italia il 23% delle persone ha un livello inadeguato di alfabetizzazione sanitaria, livello che ovviamente tende a peggiorare, per il declino cognitivo, dalla metà alla tarda età.

L’alfabetizzazione sanitaria è necessaria per garantire che le donne siano educate all’autocura delle malattie cardiovascolari, inclusa l’aderenza al trattamento e le modifiche comportamentali per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.

Status socioeconomico e culturale

Riguardo lo status socioeconomico e culturale e la povertà le donne sono colpite in modo sproporzionato dalle disparità nella distribuzione della ricchezza, del reddito e dell’accesso alle risorse che influiscono sulla salute e sul benessere cardiovascolare. I dati dello studio GBD2 hanno rilevato che nei Paesi con un basso indice socio-demografico le donne hanno una mortalità corretta per età più elevata rispetto agli uomini. Le donne, in particolare quelle appartenenti a minoranze etniche, sono anche sovra rappresentate tra le persone che vivono in povertà nei Paesi ad alto reddito, con associati effetti negativi sulla salute e sull’accesso alle cure.

Stato socioeconomico e rischio di malattie cardiovascolari

La relazione inversa tra stato socioeconomico e rischio di malattie cardiovascolari e mortalità è ben consolidata nella letteratura scientifica. Un’ampia meta-analisi ha rilevato che il basso reddito, i bassi livelli di istruzione e di vita nelle aree svantaggiate sono fortemente associati al rischio cardiovascolare nelle donne. Allo stesso modo, un’analisi dell’Health and Retirement Study del 2006 ha rilevato una forte associazione tra un basso status socioeconomico e sei dei sette fattori di rischio cardiovascolare nelle donne di età superiore ai 50 anni. Un altro studio ha suggerito una forte relazione tra basso stato socioeconomico e sindrome metabolica nelle donne.

La pubblicità commerciale di cibi pronti o trasformati e il costo inferiore del cibo non salutare rispetto a quello sano promuovono opzioni alimentari che contribuiscono a un maggiore apporto di energia e grassi. Questi sono associati all’obesità e ai disturbi metabolici, tra cui il diabete e la dislipidemia. Le donne con un basso status socioeconomico soffrono anche di notevole stress cronico e depressione, sono colpite dalla violenza da parte del partner e dagli abusi domestici. Inoltre, hanno maggiori probabilità di essere genitori single con poco tempo per cercare cure mediche e preventive, rispetto alla loro controparte maschile. Vi sono prove che la menopausa si verifica prima nelle donne con uno status socioeconomico basso piuttosto che con uno status socioeconomico elevato, il che a sua volta è associato ad un aumento del rischio cardiovascolare.

Da quanto sopra descritto si evince l’importanza di un miglioramento degli interventi clinici e di sanità pubblica per affrontare simultaneamente non solo i molteplici fattori di rischio di malattie cardiovascolari che spesso coesistono nelle donne con un basso status socioeconomico, e gli operatori sanitari dovrebbero ricevere una formazione su come adattare le loro pratiche per accogliere le popolazioni vulnerabili. Allo stesso tempo l’accesso all’assistenza sanitaria, all’inclusione sociale, alla sensibilizzazione della comunità e all’istruzione nelle regioni socio economiche svantaggiate potrebbe ridurre il peso delle malattie cardiovascolari nelle donne.

Fattori di rischio ambientale

Da menzionare anche i Fattori di rischio ambientale. Sono sempre più evidenti le prove che l’inquinamento atmosferico aumenta sostanzialmente il rischio di malattie cardiovascolari. La Società Europea di Cardiologia (ESC) ha pubblicato un documento di posizione di esperti sull’inquinamento atmosferico e le malattie cardiovascolari. Fornisce una panoramica di tutte le prove di un aumento del rischio di malattia coronarica, insufficienza cardiaca, aritmie cardiache o arresto cardiaco e malattie cerebrovascolari o tromboembolie. L’inquinamento atmosferico provoca un maggiore stress ossidativo e infiammazione, che potrebbero influenzare la progressione della placca, la disfunzione endoteliale, la fibrinolisi compromessa, l’iperreattività piastrinica e forse anche l’aritmogenesi. Uno studio su 1816 donne in postmenopausa e senza precedenti malattie cardiovascolari ha indicato che l’esposizione a lungo termine all’inquinamento atmosferico da particolato fine è associata all’incidenza di malattie cardiovascolari e morte. L’effetto dell’inquinamento ambientale e interno sulla salute cardiovascolare delle donne è incerto e richiede ulteriori indagini.

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